Nell’abbraccio della quietitudine

La morte è la mia compagna, con la quale passo la vita, sfidando un destino avverso ed i temporali occasionali. Danzo per sempre insieme a lei, un ballo di eterna attesa, aspettative rotte ed amori infranti. "Amami ardentemente" disse, con quella voce melliflua, conducendomi nella sua tana di oscurità. Ancora una volta ero in balia di me stesso e della più tetra delle sorti. Morte dell’anima in cambio di amore eterno, fu sancito il patto, e come moderno Faust, ottenni il più grande dei doni immortali. Ma quando vennero gli anni, e la fine mi raggiunse, non contento di aver vissuto, rifiutai il patto, recisi il contatto per mia suprema volontà. Ma la Morte non tollerò questo comportamento, e nella sua dimora di ombra e lucida tenebra, mi concesse un’ultima possibilitù. Amarla, ed infine unirmi a lei. Scelta ardua per un uomo, amare la mietitrice di tutte le ere, la suprema incarnazione dell’eterno dolore. La mia fu una risposta affermativa, e così fui unito a lei, in un’abbraccio d’amore e termine. Le sensazioni provate non sono esplicabili, dal dolce bacio freddo come il ghiaccio, ma che rendeva il cuore estatico, sino al tocco celestiale di mille voci che circolavano nelle nostri menti, chiedendo tempo, pietà, vita. Poi tutto finì, e mi ritrovai solo in quella grotta colma di nebbia e umidità, scura per la sua mancanza di luce. Ero solo, e nelle mie mani reggevo la lunga falce della giustizia e della verità. Indossavo le vesti ricamate con lacrime e sospiri, ed i miei occhi non riflettevano più alcuna emozione. Uscito alla luce del Sole, non riconoscevo alberi o nuvole, solo il grigio sapore dell’eterno vagare. Mi misi in viaggio, consapevole del mionuovo destino, consapevole dei miei obblighi nei confronti di colei che mi aveva donato l’amore. Fu un vecchio il primo. Avvicinatomi, egli s’allontanò. Ed il sapore del sangue, non era mai stato così tremendamente inebriante.

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